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sabato 8 dicembre 2012

Il manifesto politico del superuomo

"L'arroganza delle plebi non era tanto grande quanto la viltà di coloro che la tolleravano o la secondavano. Vivendo in Roma, io ero testimonio delle più ignominose violazioni e dei più osceni connubii che mai abbiano disonorato un luogo sacra. Come nel chiuso di una foresta infame, i malfattori si adunavano entro la cerchia fatale della città divina dove pareva non potesse novellamente levarsi tra gli smisurati fantasmi dell'imperio se non una qualche magnifica dominazione armata d'un pensiero più fulgido di tutte le memorie. Come un rigurgito di cloache l'onda della basse cupidigie invadeva le piazze e i trivii, sempre più putrida e più gonfia, senza che mai l'attraversasse la fiamma di un'ambizione perversa ma titanica, senza che mai vi scoppiasse almeno il lampo d'un bel delitto. La cupola solitaria nella sua lontananza transtiberina, abitata da un'anima senile ma ferma nella sua consapevolezza de' suoi scopi, era pur sempre il massimo segno, contrapposta a un'altra dimora inutilmente eccelsa dove un Re di stirpe guerriera dava esempio mirabile di pazienza adempiendo l'officio umile e stucchevole, assegnatogli per decreto fatto dalla plebe. " 
G. D'Annunzio, Le vergini delle rocce, 1895

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